Penombre

Noi siamo figli dei padri ammalati
Aquile al tempo di mutar le piume
Svolazziam muti, attoniti, affamati
Sull' agonia di un nume

Nebbia remota è lo splendor dell'arca
E già all'idolo d'or torna l'umano
E dal vertice sacro il patriarca
S'attende invano

S'attende invano dalla musa bianca
Che abitò venti secoli il Calvario
E invan l'esausta vergine s'abbranca
Ai lembi del sudario

Casto poeta che l'Italia adora
Vegliardo in sante visioni assorto
Tu puoi morir! Degli Antecristi è l'ora
Cristo è rimorto!

O nemico lettor, canto la noia
L'eredità del dubbio e dell'ignoto
Il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boia
Il tuo cielo, e il tuo loto!

Canto litanе di martire e d'empio
Canto gli amori dеi sette peccati
Che mi stanno nel cor, come in un tempio, inginocchiati

Canto l'ebrezze dei bagni d'azzurro
E l'ideale che annega nel fango
Non irrider, fratello, al mio sussurro
Se qualche volta piango

Giacché più del mio pallido demone
Odio il minio e la maschera al pensiero
Giacché canto una misera canzone
Ma canto il vero!

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